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Il nome di Gershom Scholem brilla nel firmamento ebraico: già in vita riconosciuto e acclamato come un grande studioso, è oggi un riferimento obbligato di qualsiasi discorso sulla tradizione ebraica o sugli studi dedicata alla cabala, di cui è stato il maggiore interprete del Novecento – e forse di sempre.
Fin da giovanissimo Gershom Scholem, che era nato nel 1897, rifiutava le sue radici di ebreo tedesco borghese: secondo lui gli ebrei tedeschi erano vissuti fino ad allora nella vana e illusoria glorificazione della simbiosi tedesca, e soltanto i sionisti se ne rendevano conto. Però, allo stesso tempo, criticava aspramente il sionismo in quanto incapace di esser portatore di un radicale e necessario rinnovamento dell'ebraismo.
Nel 1915 Gershom Scholem fece un incontro che gli cambiò la vita. In un'annotazione del suo diario, scrive che se trovò la sua strada fu soltanto grazie a quell'incontro. Scrive Scholem: «la più grande esperienza della mia vita: entrare in contatto con un uomo di assoluta grandezza che ha influenzato la mia vita non con il suo insegnamento ma con il suo essere».
Gershom Scholem arrivò a Gerusalemme nel 1923, a 25 anni. Subito gli fu offerto un posto come responsabile della Sezione Ebraica della Biblioteca Nazionale.
I filosofi vengono ricordati per il loro pensiero. Eppure alcuni di loro hanno vissuto meglio di quanto abbiano pensato. O, perlomeno, le loro esistenze risultano singolari se messe a confronto con le loro filosofie. Ecco allora che le vite dei filosofi acquisiscono un interesse particolare, come vuole una tradizione antica. I "Gettoni di filosofia" raccontano alcune di queste "vite senza pensiero" – fra curiosità, aneddoti, aspetti sconosciuti o poco noti.