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Prima pagina
Prima Pagina del 18 gennaio 2021

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con Paolo Valentino
Più trasparenza sui vaccini
In guerra, nulla va mai esattamente secondo i piani predisposti a tavolino dai generali. Nella guerra dei vaccini contro il Covid ci può anche stare che Pfizer BioNTech accusi un temporaneo rallentamento della produzione nel suo stabilimento europeo. Soprattutto se il rallentamento è di una sola settimana e se è finalizzato ad aumentare la capacità produttiva, come assicura l’azienda.Tuttavia la guerra dei vaccini, che ci piaccia o no, non è solo un fatto scientifico. Quando si parla, letteralmente, della vita e della morte dei cittadini affidate all’iniziativa di poteri pubblici, che dipendono a loro volta da poteri privati come sono le grandi case farmaceutiche dell’Occidente, si parla ovviamente anche di politica e di geopolitica.
E la sfida politica si gioca su molti tavoli. Già la scelta di Europa e Stati Uniti di affidarsi alla ricerca privata per affrontare l’emergenza Covid è di per sé politicamente rilevante. La qualità e la tempestività della risposta occidentale dimostrano che si è trattato di una scelta giusta. Ma non si può negare che oggi sia in corso una sfida mondiale tra i vaccini cinesi (meno efficaci, ma meno costosi) e quelli occidentali per salvare l’umanità. Né che Pechino stia facendo un uso spregiudicatamente geopolitico dei propri vaccini, regalando milioni i dosi ai Paesi più poveri e privilegiando le forniture all’estero alla vaccinazione degli stessi cittadini cinesi.
A Bruxelles la Commissione europea si è intestata la responsabilità di ordinare oltre due miliardi di dosi per tutta la Ue alle sei industrie farmaceutiche che si preparavano a produrle. È stato un gesto di grande lungimiranza politica da parte di Ursula Von del Leyen, perché ha conferito all’Europa un ruolo nella lotta all’epidemia che pure i Trattati non le attribuiscono. Gli Stati membri, dopo qualche resistenza iniziale, hanno quasi tutti accettato questo ruolo delle istituzioni comunitarie perché il buon senso dice che anche questa emergenza si affronta più efficacemente insieme. I malati italiani della prima ondata curati negli ospedali tedeschi ne sono una riprova. […]
Andrea Bonanni - la Repubblica