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Il rifugio
"I colori dell'alba" - Odoardo Ravizza e il rifugio Garibaldi all'Adamello

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Metti una notte d'estate: sveglia alle due, in pieno buio e salire lungo un sentiero di rocce e pietre fino ai 3.300 metri di cima Venerocolo giusto in tempo per ammirare il sorgere del sole.
“Alba in vetta” è una delle iniziative pensate da Odoardo Ravizza, da quasi vent’anni custode del Garibaldi, storico rifugio ai piedi della parete nord dell’Adamello e con l’affaccio sul lago Venerocolo. Va fiero della “sua” alba, fiore all’occhiello fra le iniziative del rifugio, perché in fondo è la sintesi del suo lavoro di rifugista: accogliere, raccontare, emozionare. Ernesto Goio si incammina verso il rifugio partendo da Malga Caldea, poco oltre l’abitato di Temù in provincia di Brescia: il sentiero sale ripido e in circa tre ore, con un dislivello di mille metri, porta ai 2550 metri del rifugio. E’ un percorso carico di storia dove sono tangibili le tracce della Guerra Bianca, l’insieme di eventi bellici che si svolsero quassù durante il primo conflitto mondiale: dal “calvario”, la mulattiera militare che si percorre poco prima di arrivare al rifugio, alla chiesetta dedicata ai Caduti. E ancora, verso passo Venerocolo, le trincee e le tracce delle teleferiche costruite dai soldati.
Il sentiero stesso fino al rifugio fu teatro di un evento epocale: di qui passò -o meglio, fu trascinato- quello che gli Alpini battezzarono “l’ippopotamo”, un cannone di 60 quintali ancor oggi presente e visibile ai 3300 metri di Cresta Croce. La Val d’Avio è anche nota per l’importante sistema idroelettrico: salire al rifugio permette di ammirare i cinque laghi alpini in parte di origine artificiale che alimentano la centrale idroelettrica di Temù.
Il racconto di Odoardo Ravizza alterna vicende universali e personali, momenti di vita quotidiana da custode d’alta quota a riflessioni su come sia cambiata la frequentazione della montagna negli anni: meno vette, più traversate.
E seppure sia lassù da due decenni, ogni giorno è un giorno nuovo, un po’ come quell’alba in vetta che dal buio della notte accompagna a un nuovo giorno, ogni volta ricco di sfumature mai uguali.
Il sentiero stesso fino al rifugio fu teatro di un evento epocale: di qui passò -o meglio, fu trascinato- quello che gli Alpini battezzarono “l’ippopotamo”, un cannone di 60 quintali ancor oggi presente e visibile ai 3300 metri di Cresta Croce. La Val d’Avio è anche nota per l’importante sistema idroelettrico: salire al rifugio permette di ammirare i cinque laghi alpini in parte di origine artificiale che alimentano la centrale idroelettrica di Temù.
Il racconto di Odoardo Ravizza alterna vicende universali e personali, momenti di vita quotidiana da custode d’alta quota a riflessioni su come sia cambiata la frequentazione della montagna negli anni: meno vette, più traversate.
E seppure sia lassù da due decenni, ogni giorno è un giorno nuovo, un po’ come quell’alba in vetta che dal buio della notte accompagna a un nuovo giorno, ogni volta ricco di sfumature mai uguali.