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Prima pagina
Prima Pagina del 26 ottobre 2019

ROMA. Esistono una geografia e dei numeri che raccontano insieme un naufragio e una catastrofe sociale. Un abisso in cui sprofonda una città, Roma, avvelenata da tonnellate di roba. Cocaina, eroina, droghe sintetiche, hashish. Dove chi spaccia parla, al contrario di quello che tutti istintivamente pensano, la nostra lingua, l’italiano. Che fa da quinta e restituisce un senso, ammesso possano averne, agli omicidi di Luca Sacchi e del maresciallo Mario Cerciello Rega o alla tragedia di Manuel Bortuzzo. E che, per una volta, riconcilia, come si usa dire, il “reale” e il “percepito”.
La procura della Repubblica di Roma ci ha lavorato per oltre un anno. Elaborando un rapporto e uno studio ad uso investigativo, firmato dal procuratore aggiunto Lucia Lotti, già magistrato della Dda e quindi procuratore di Gela che Repubblica ha potuto consultare e che, per la prima volta, mette a sistema i dati raccolti sul territorio nell’arco dell’ultimo quadriennio – dal 2015 al primo semestre del 2019 – da tutte le forze di Polizia e quelli archiviati dalla banca dati della Procura e del Tribunale. È una vertigine. Iscritta in un numero che converrà tenere a mente. Cinque tonnellate.
È la quantità di sostanze stupefacenti che, nel 2018, è stata sequestrata nel solo comune di Roma (per l’esattezza si tratta di 5 mila 535 chilogrammi) Più della metà (3 tonnellate) è hashish. Un terzo marijuana (1.621 chili). E poi c’è lei, la cocaina: poco meno di quattro quintali (382 chili). E loro: le pasticche (45 mila 275 dosi). Quelle che si vendono a tre euro di fronte alle scuole medie. O a cinque in discoteca. Ovviamente la droga sequestrata è solo una parte, non preponderante, di quella in circolazione. E non esiste calcolo empirico per stabilir, fatte cinque tonnellate di roba, quante ne vengano spinte in strada. Il doppio? Il triplo? “Potrebbe anche essere di più spiega un inquirente”.
(…) di Carlo Bonini - articolo integrale su La Repubblica