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Gettoni di Filosofia
Il reazionario dell'attualità

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Il pensiero di Nicolas Gomez Davila, così come emerge dalle migliaia dei suoi frammenti, non è quello di un conservatore perché questo presupporrebbe qualcosa da salvare, mentre per lui non c'è proprio nulla da custodire della sua epoca, nessuno per cui lottare, soltanto qualcosa e qualcuno contro cui battersi. Il suo è il pensiero di un vero reazionario e antimodernista.
«I Vangeli e il Manifesto comunista sbiadiscono; il futuro del mondo appartiene alla Coca-Cola e alla pornografia», verga con ironia. La sua penna, felice, si scaglia crudele contro «l’entusiasmo del progressista, gli argomenti del democratico, le dimostrazione del materialista». I suoi bersagli preferiti sono la libertà (che definisce un “feticcio”), l’idea di eguaglianza (scrive: «gli uomini sono meno uguali di quello che dicono e più di quello che pensano»), la democrazia (esclude solo la morte, perché è l’unico evento di quella officina di gerarchie che è l’esistenza terrena a rispettare i dettami della democrazia). Il suo è un pensiero gerarchico perché, sostiene, l’intelligenza è spontaneamente aristocratica «poiché è la facoltà di distinguere differenze e fissare ranghi». Si considera come un “reazionario dell’attualità” – anche se scrive: «Non è una restaurazione quello che il reazionario anela, bensì un nuovo miracolo».
In pratica Gómez Dávila crede che l’umanità sia caduta nella storia moderna «come un animale cade in trappola»: si è lasciata soggiogare dalle sirene ammaliatrici che lui individua nell’«espansione demografica», la propaganda democratica e la rivoluzione industriale. Ecco allora che, scrive, l’umanità stessa ha sostituito «il mito di una passata età dell’oro con quello di una futura età della plastica». È un pessimista, il suo è uno sguardo nichilista sulla modernità che gli appare «un fango che nessuna mano riesce a modellare», e che dovrebbe dare all’uomo «il diritto di vomitare in pubblico».
Nei suoi frammenti del resto non mancano le contraddizioni, ma Gómez Dávila non solo le ammette, le cerca anche – perché la contraddizione, sostiene, là dove “lucidamente assunta” porta a un pensiero vigoroso.
È il caso della sua fede, incrollabile, al punto che scrive: «L’unica cosa di cui non ho mai dubitato: l’esistenza di Dio». Eppure è difficile da definire: sicuramente la religione è un riferimento costante nei suoi scritti, e il suo è un Cattolicesimo radicale, di principi preconciliari. Ma quando si tratta di definirsi in quanto credente, Gómez Dávila non ha dubbi: «Più che un cristiano, sono un pagano che crede in Cristo».
Non una consolazione, per il filosofo colombiano: la sua fede come anche il pensiero reazionario sono critici, sempre messi in discussione, senza nessun appagamento facile. Del resto, afferma il filosofo, «Il pensiero reazionario non assicura nessun successo ai suoi adepti, gli garantisce solo che non dicano sciocchezze».
In pratica Gómez Dávila crede che l’umanità sia caduta nella storia moderna «come un animale cade in trappola»: si è lasciata soggiogare dalle sirene ammaliatrici che lui individua nell’«espansione demografica», la propaganda democratica e la rivoluzione industriale. Ecco allora che, scrive, l’umanità stessa ha sostituito «il mito di una passata età dell’oro con quello di una futura età della plastica». È un pessimista, il suo è uno sguardo nichilista sulla modernità che gli appare «un fango che nessuna mano riesce a modellare», e che dovrebbe dare all’uomo «il diritto di vomitare in pubblico».
Nei suoi frammenti del resto non mancano le contraddizioni, ma Gómez Dávila non solo le ammette, le cerca anche – perché la contraddizione, sostiene, là dove “lucidamente assunta” porta a un pensiero vigoroso.
È il caso della sua fede, incrollabile, al punto che scrive: «L’unica cosa di cui non ho mai dubitato: l’esistenza di Dio». Eppure è difficile da definire: sicuramente la religione è un riferimento costante nei suoi scritti, e il suo è un Cattolicesimo radicale, di principi preconciliari. Ma quando si tratta di definirsi in quanto credente, Gómez Dávila non ha dubbi: «Più che un cristiano, sono un pagano che crede in Cristo».
Non una consolazione, per il filosofo colombiano: la sua fede come anche il pensiero reazionario sono critici, sempre messi in discussione, senza nessun appagamento facile. Del resto, afferma il filosofo, «Il pensiero reazionario non assicura nessun successo ai suoi adepti, gli garantisce solo che non dicano sciocchezze».