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Poesie alla radio
19. Bianco | Poesia in technicolor

Ascolta l'audio
Con Maria Grazia Calandrone
Quest'anno, nel mese dedicato alla poesia, indaghiamo come poeti di ogni luogo e tempo, fino alla più radioattiva contemporaneità, abbiano affrontato e affrontino i colori del proprio mondo
Clicca sui colori, uno nuovo ogni giorno fino al 21 marzo, per ascoltare i ventuno viaggi nella poesia di ogni tempo e luogo, seguendo un filo, multicolore fino alla trasparenza.
Maurizio Cucchi | Sindrome del distacco e tregua
Ci si abitua, è… normale. Si gode
di una sopravvivenza minuziosa,
in un farcela giorno per giorno, strappando
ogni giorno come un frutto, come
un regalo in più da far fruttare.
Prezioso, inestimabile, ed è solo un giorno
sottratto al proprio nulla.
In una città deserto per filosofi.
Un po’ di cavoli, patate, carpe
Argentate «e anche la carne
Di cane non è male!» Dice il ciclista
atomico: «La gente cercava la frutta
con i vermi, così sapeva che non era
contaminata». Erano le anime bianche
di Pryp’jat, gli invisibili, i samosjol,
tra visitatori dell’orrido e sciacalli.
Praticavano un’economia sottile,
capillare, minima e saggia, primitiva,
verso una totale autosufficienza
nel grande scandalo di una provvisorietà
assoluta, sicura, assorbita nel cuore
e nella terra che macina la morte.
Iman Mersal | Un bicchiere con un patriota arabo
Traduzione di Elena Chiti
La pianista ha ancora gli occhi chiusi, il volto scuro come il legno del piano su cui l’hanno lasciata a battere i tasti per mezzo secolo, e certo era bianca come un angelo quando l’hanno messa in quel modo dentro una cornice classica appesa al chiodo.
Pensavo che il coraggio mi sarebbe venuto dalla porta laterale del bar,
con i vocalizzi di Umm Kulthùm e un vino che ha perso la memoria
nell’Azienda Vinicola Nazionale, e mentre il cameriere legge la cronaca nera e io
rotolo tra le mie scelte come una goccia di rugiada su un grappolo d’uva
entra uno di questi patrioti arabi, con solo i capelli imbiancati
come se andasse a combattere con gli altri nella piazza di fronte
«il Paese brucia» dice, invece di buonasera
e inizio a tossire per il fumo che mi copre improvvisamente.
Da fuori un latrato intermittente copre i vocalizzi, il cameriere
alzerà ancora il volume dell’Astro d’Oriente 3, ma il gemito
della cagna l’avrà vinta; tra un paio d’ore partorirà
almeno due cuccioli dietro il palazzo.
Magari il cameriere spegnesse il concerto del Rivoli del ‘43,
ché a Zakarìyya Ahmàd non potrebbe piacere il mix di liuto
e latrato e tosse sotto questo soffitto coloniale.
Torno oggi da un funerale, e un chirurgo alle prime armi
mi aspetta in una sala eccessivamente pulita
ma il coraggio dalla porta non è venuto,
l’odiosa porta laterale che separa il bagno delle donne dal
pisciatoio maschile.
Davide Toffoli | La bellezza che ti posrtti accanto
Per Giovanna Sicari
Arresi all’odore di un’epoca immobile,
studiavamo a matita il tuo volto
nel suo bianco e nero bambino,
“Roma radiosa con le sue panchine sciupate, Roma
del piccolo tunnel che portava a Villa Sciarra”…
La bellezza che ti porti accanto
e te, affacciata sui misteri di via Dandolo;
passeggiavi nel verde dei suoi alberi
alti e senza posa. Rendevi omaggio
alle piccole cose:
“il glicine raro, le rose”;
alle strade sconnesse bagnate di sole
e ai loro muti baci leggeri…
Roma di eterna attesa o vigilia di festa
ci hai dato alla testa con questa
stella di terra, nuda e senza scampo.
Per l’incanto studiavi la luce
tra pianta e pianta, tra rugiada e fango.
Erba fresca dentro i mattini obliqui
e i chiaroscuri di via Poerio.
Poesie attese sul sasso. Da una croce
abbracciamo fantasmi…
In disparte, spediamo
spasmi, uno stadio del respiro,
segnali di voce, su Marte.
Giovanna Sicari | da 5 poesie inedite
21 novembre 2003 - Clinica del Sacro Cuore
Volevo quei gerani bianchi e rosa
in quei vasi scuri su quel
ferro battuto, lo stesso che ora
guardo qui dall’ospedale
si avvicina il tramonto
e il girasole dà la sua attenzione
(le cose importanti stanno
sempre nascoste e non bisogna spaventarle)
I fiori, la voce che stanca
i colori segreti dei bambini
un chiarore nuovo splendente
rischiara i miei piedi
il corpo deve ritornarmi
ho bisogno di te, sono priva
di peso – questa stanchezza sfiora
i piedi, fa fare i primi passi
la pietra, i nodi, le catene
rispondono e tutto balza
vuoto nell’aria sapiente
Oh sorpresa dei riccioli rossi!
Bambini dei tronchi è già primavera!
Fabrizio Bernini | Il comune salario
Chi ha mai scritto con febbrile incanto
Della troposfera di Saturno,
dei bianchi anelli di ghiaccio
su cristalli di ammoniaca bellezza,
chi ha mai cantato l’immensa
tempesta di Giove, la fulgida macchia
rossa che ingigantisce e travolge
la distanza, o chi ha mai detto
dei picchi di luce eterna
sopra i respiri chiari del polo lunare,
là dove è davvero per sempre,
amore o niente che sia,
il sempre per noi, uomini o passaggi
di un cosmico avvenire?
Ascolti musicali tratti da:
Scherzo and Trio di Penguin Cafè Orchestra
Atlas ascending di Meredith Monk/Todd Reynolds
Good morning Indian Country di Lisa Gerrard & Jeff Rona
Andante da nonetto di Nino Rota
Massig Bewegt di Anton Bruckner Deutsches Symphonie-Orchester Berlin feat. S/QU/NC/R