Il ricordo di Laura Troja a L'Aquila subito dopo il terremoto

Il 6 aprile 2009 ero inviata di Caterpillar e arrivai all'Aquila da Milano tardissimo, erano quasi le cinque del pomeriggio, la scossa aveva travolto cose e persone nel cuore della notte, alle 3 e 32. Guidavo e mi guardavo intorno, non sapevo dove andare, ricordo i palazzi con i buchi e ci vedevi dentro, divani quadri lampadari che non si capisce perché erano ancora appesi al soffitto mentre tutto il resto era diventato briciole.
Ricordo le persone che camminavano in vestaglia sui marciapiedi abbracciate a bottiglie piene di acqua, le strade bloccate, i vigili del fuoco.
E ricordo soprattutto una signora, Adriana, seduta su una panchina di fronte al tendone della polizia. Aveva quasi 80 anni, il bastone per camminare, ma da giovane aveva fatto l'ispettore, tra le prime donne ad entrare in polizia, quella situazione la conosceva bene perché nel '68 era andata volontaria ai aiutare gli sfollati del Belice e poi nel '76 era stata inviata come ispettore per il terremoto del Friuli. Le diedi un passaggio fino allo stadio del rugby dell'Acquasanta, dove stavano allestendo una tendopoli, stavano prendendo i nomi e le richieste, dissi a due giovani genitori di aiutarla e ripartii per Roma.

Il giorno dopo pensai che avevo fatto male, che l'avrei persa, mi sentivo in colpa. Alle 10 del mattino il campo di rugby si era trasformato in un villaggio di tende blu, troppe, non la vedevo da nessuna parte. Chiamavo Adriana!!! Adriana!!! ...e lo trovavo buffo perché sembravo Rocky. Un mio amico giornalista la vide, e ci abbracciammo.
Da allora tutti i giorni per due settimane passai dalla tenda numero 3 dell'Acquasanta a prendere Adriana prima del collegamento. Lei mi faceva da navigatore, da guardia del corpo - sosteneva - perché "Laure' tu si un soldo di cacio". E io ascoltavo tutte le sue storie, del primo fidanzato, della mamma che era morta quando lei era bambina, delle persone che aveva conosciuto in giro per l'Italia.
A pasqua la chiamai, alla tendopoli avevano fatto un pranzo diverso, c'erano le uova di cioccolata, lei era in mezzo ai volontari, ai ragazzi si affezionava come se fossero tutti suoi nipoti. Mi disse: "Laure', un anno fa a pasqua ero sola, oggi...non dovrei dirlo, lo so, ma sono felice".
Ascolta il podcast: 6 aprile 2009 - Laura Troja dall'Aquila subito dopo il terremoto